(Adnkronos) – “C’è qualcosa di molto provinciale nello zelo con cui i tifosi italiani di Trump (Salvini e Conte, il primo soprattutto) hanno festeggiato la vittoria del loro beniamino d’oltreoceano. Ed è probabile che, a copione rovesciato, altrettanto avrebbe magari fatto il Pd. Come se l’affermazione degli uni o degli altri avesse il magico potere di rovesciare le sorti dei nostri periclitanti affari di casa. 

Il fatto è che la geopolitica è un’altra cosa. E gli interessi nazionali, tornati di prepotenza in primo piano, non sempre seguono il filo delle affinità ideologiche. Così, è assai probabile che Trump si appresti a imporre dazi che le nostre imprese esportatrici pagheranno assai cari. E anche la ricorrente minaccia di accollare ai paesi europei spese militari fin qui non troppo onerose inevitabilmente finirà per pesare sulle nostre disastrate finanze pubbliche. Come dire che un conto sono le bandiere di principio e un altro sono le conseguenze economiche. E se per le prime è fin troppo facile fare festa, sulle seconde ci sarebbe invece da riflettere in modi meno emozionali di quelli di cui sopra. 

Ora, è possibile che all’atto pratico Trump si riveli meno ostico di come si annuncia. Ma è evidente che il carico di promesse offerte agli elettori a stelle e strisce in cambio del loro voto è piuttosto oneroso e richiede che sia qualcun altro a pagare il conto. Ed è piuttosto ovvio che quel qualcuno siamo soprattutto noi europei -di tutti i colori politici che si possano immaginare. 

Staremo a vedere. Nel frattempo sarà il caso che anche noi dedichiamo qualche attenzione in più al cortile di casa. Cominciando col decidere qual è la nostra casa. E cioè se sia preminente l’interesse nazionale o quello europeo. Sarà su questo versante, infatti, che si deciderà largamente il nostro destino. 

E qui però cominciano le complicazioni, anche in casa nostra. Poiché le due armate elettorali approntate in questi anni mostrano di avere idee assai diverse a questo riguardo. Laddove a destra l’europeismo di Tajani, Meloni e Salvini (in ordine decrescente) è assai variegato, per usare un dolce eufemismo. E laddove a sinistra, tra M5S e Pd, e poi dentro lo stesso Pd, le posizioni sono le più diverse. Un arcobaleno di differenze che sta minando, questo sì, il nostro stesso interesse nazionale. 

Ci restano un paio di consolazioni, nel frattempo. La prima riguarda l’Europa. Che appare sempre lenta a mettersi in moto e talvolta perfino deludente. Ma che in compenso ha mostrato anche di recente di saper reagire alle situazioni più critiche con una inaspettata prontezza di riflessi. Vedi la scelta dell’euro, all’indomani della riunificazione tedesca. E vedi il Pnrr all’indomani dell’emergenza Covid. Come a dire che spesso e volentieri ci si impantana nell’ordinaria amministrazione di noi stessi. Ma che quando invece di ordinario non c’è più nulla capita di trovare le forza e le risorse per far fronte alla straordinarietà di certe sfide. 

La seconda consolazione riguarda noi, il nostro paese. Che siamo abituati a lamentarci dell’Europa con disinvoltura e superficialità fin tanto che ci rivolgiamo ai nostri cari dai palchi dei comizi. Ma che poi, non appena assumiamo responsabilità di governo, ci affrettiamo a prendere atto che l’unica via per non finire in fuori gioco è quella di aderire a quelle regole comunitarie che abbiamo appena finito -del tutto improvvidamente- di maledire assieme ai nostri elettori più scalmanati. 

Staremo a vedere. Sulla carta il voto americano ci promette serie difficoltà. Ma qualche volta sono proprio le difficoltà più estreme che fanno riaffiorare quelle virtù politiche che fino a un attimo prima erano nascoste chissà dove. C’è da sperare che questa sorte possa toccare anche agli alleati scontenti e preoccupati del nuovo presidente americano” (di Marco Follini)