(Adnkronos) – Il 62% delle imprese italiane afferma che l’aumento dei prezzi dell’energia ha influito positivamente sui propri progetti di sostenibilità. E’ quanto emerge dallo studio The Decade That Matters 2.0 di BayWa r.e., che ha intervistato un panel composto da dirigenti aziendali e responsabili politici in Europa, Regno Unito e Stati Uniti e ha utilizzato una serie di strumenti di ascolto sui Social Media per analizzare l’evoluzione del dibattito pubblico su web.  

Secondo l’analisi, in relazioni al conflitto in Ucraina e alla necessità di rivolgersi a fonti alternative di combustibili fossili per ridurre la dipendenza dalla Russia, il 54% delle aziende in Italia prevede un ritardo di 2-3 anni nel raggiungimento dei propri obiettivi di azzeramento delle emissioni. Allo stesso tempo, gli effetti combinati di crisi climatica ed energetica stanno accelerando la transizione verso le energie rinnovabili, con il 96% delle imprese italiane che già si rifornisce di energie rinnovabili (41%) o prevede di farlo in futuro (55%). Dato ancora più rilevante, il 62% afferma che l’aumento dei prezzi dell’energia ha accelerato i propri progetti di sostenibilità, accentuando il senso di urgenza. Si tratta di una percentuale che posiziona l’Italia al primo posto rispetto a tutti gli altri Paesi del mondo. In questo quadro, il 40% stima un aumento dei costi aziendali in un range tra l’11 e il 20% a causa della guerra in Ucraina. 

Nel 2022 il carbone è tornato a far parlare di sé a livello globale, con oltre un milione di menzioni al mese, con un aumento di quasi il 12% rispetto al 2021. Mentre tra il 2020 e il 2022, le menzioni sul web relative al carbone sono cresciute del 130%. Tutto ciò si inserisce in un contesto di cambiamento della conversazione online, in cui gli utenti hanno incrementato l’uso di termini come “crisi climatica” e “azione per il clima”, a discapito di “riscaldamento globale” come argomento di discussione. La direzione di marcia è chiara: le aziende stanno passando alle energie rinnovabili. Tuttavia, per quanto concerne la piena realizzazione di questa transizione, quasi il 50% delle imprese italiane ritiene che non avverrà prima del 2050, citando la mancanza di supporto da parte del governo (45%) e i costi (45%) come i maggiori ostacoli all’azzeramento delle emissioni. 

“A due anni dal primo studio The Decade That Matters, i risultati sono più che mai attuali. Gli impatti della crisi climatica si fanno sentire a livello globale e questa crisi non si cura delle recessioni, delle politiche, dei confini o della velocità con cui l’umanità può adattarsi – ha dichiarato Matthias Taft, Ceo di BayWa r.e. – L’indagine mostra la consapevolezza di questa urgenza da parte dell’opinione pubblica, dei politici e dei leader aziendali. La guerra in Ucraina è stata contemporaneamente un catalizzatore per accelerare la transizione alle rinnovabili, aumentando al contempo la dipendenza a breve termine dai combustibili fossili. Sebbene la direzione di marcia sia chiara, il ritmo è cruciale e ogni ritardo rischia di aggravare la crisi climatica. C’è di certo un’accelerazione, ma la velocità non è ancora sufficiente”. 

Per Alessandra Toschi, ad di BayWa r.e. Italy, “non è una sorpresa che il quadro normativo in Europa continui a rappresentare elementi di criticità. Qui in Italia lo vediamo, per esempio, con l’eccesso di burocrazia che rallenta un numero significativo di impianti di energia rinnovabile. Siamo a un punto di svolta nella lotta al cambiamento climatico e dobbiamo impegnarci di più sia in Italia che in tutta Europa per rimuovere questi ostacoli. Auspichiamo che questo studio possa servire da ulteriore campanello d’allarme e che, entrando nel dettaglio della situazione attuale, offra un percorso verso il progresso non solo per l’Italia ma anche a livello globale”.  

Lo studio The Decade That Matters 2.0 mostra, inoltre, una crescente evoluzione del sentiment online nei confronti del cambiamento climatico, facendo leva sui risultati del social-listening. Nel primo studio, le menzioni di “net zero” erano più che quintuplicate tra il 2015 e il 2019. Nei tre anni successivi, hanno fatto altrettanto: un aumento significativo in un lasso di tempo molto più breve. Nel 2021, invece, si è registrato anche un notevole spostamento del termine “crisi climatica”, che ha superato il “riscaldamento globale” come argomento di discussione, raggiungendo un picco di oltre 2,5 milioni di menzioni online. Nel 2022, invece, il sentimento si è nuovamente spostato, con menzioni apertamente negative di “net zero” raddoppiate rispetto al 2018.