(Adnkronos) – La particolare morfologia della penisola italiana presenta oltre 8 mila chilometri di coste e litorali. Una caratteristica che espone il nostro Paese ai rischi legati al fenomeno dell’erosione costiera dovuta al progressivo innalzamento del livello del mare. Innalzamento che risulta strettamente connesso al cambiamento climatico in atto e ad alcune delle sue manifestazioni più evidenti, quali il repentino scioglimento delle calotte glaciali dei Poli, la fusione dei ghiacciai di montagna e l’espansione delle acque oceaniche dovuto all’aumento delle temperature. Se il fenomeno dell’erosione costiera riguarda tutto il Pianeta, lo scenario in Italia appare particolarmente delicato, in quanto l’innalzamento del livello dei nostri mari è di circa 2-3 millimetri all’anno. Detta così potrebbe sembrare poca cosa, invece la situazione mette a forte rischio parte di coste e litorali italiani. I principali effetti collaterali legati alla crescita del livello del mare sono l’erosione costiera, l’intrusione di acque saline nella falda acquifera interna e il rischio di inondazioni nei territori lungo i litorali.
Un recente studio del Centro euro mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc), ha evidenziato le aree costiere italiane dove l’impatto dell’erosione rischia di essere maggiore. Le regioni che risulterebbero a rischio elevato sono la Puglia, dove l’innalzamento del mare attualmente è di 3,5 millimetri all’anno, contro un media delle coste adriatiche di 2,6 mm. Tra le altre regioni particolarmente a rischio erosione costiera c’è il Veneto, con specifico riferimento a Venezia e alla laguna, dove l’introduzione del Mose non è sufficiente, non solo per la pianificazione e i costi elevati della sua movimentazione, ma anche perché un’eccessiva chiusura della barriera causerebbe un problema di qualità delle acque interne. Puglia e Veneto, dunque, a rischio di finire sott’acqua, ma anche Campania e Calabria risultano soggette a una decisa erosione costiera specie a causa dello scarso apporto di sedimenti dai fiumi, oltre all’eccessiva cementificazione delle coste. Anche la costa Nord della Toscana, compresa tra le province di Massa, Lucca e Livorno, è sotto osservazione per la subsidenza ovvero il progressivo sprofondamento dei fondali marini sotto il peso dei sedimenti e per l’erosione costiera.
Le conseguenze dell’innalzamento del livello del mare si stima possano costare all’UE qualcosa come 872 miliardi di euro entro la fine del secolo. Dunque, risulta evidente la necessità di una pianificazione mirata per cercare di arginare una situazione che rischia di causare gravi danni al territorio, alle attività e alle infrastrutture lungo una buona parte delle coste italiane e, più in generale, del Continente. Tra le possibili soluzioni per contrastare il fenomeno, sul lungo periodo si deve ridurre la concentrazione degli inquinanti, in particolare di 4 elementi specifici segnalati da diversi studi scientifici. Il tasso di innalzamento del livello del mare, infatti, potrebbe essere ridotto del 50% con l’abbattimento di emissioni di metano, ozono troposferico, idrofluorocarburi e fuliggine. Si tratta degli inquinanti cosiddetti di breve durata in quanto resistono in atmosfera solo per un tempo relativamente breve e variabile da pochi giorni ad un decennio. Si pensi che la CO2 resiste in atmosfera anche per oltre un secolo. Oltre alle soluzioni globali di abbattimento degli inquinanti, vi sono interventi applicabili nel breve periodo, ad esempio, per limitare i danni delle mareggiate quali l’installazione di dune sabbiose lungo le coste o la ricostruzione di praterie di posidonia in mare, un vegetale che agisce come un polmone marino essendo in grado di assorbire grandi quantità di anidride carbonica e rilasciare ossigeno, per contrastare la progressiva acidificazione dell’acqua del mare.