(Adnkronos) – Oggetti inanimati e oscuri che prendono vita, i temi hanno sempre un aspetto macabro, magico e inquietante, la tecnica della ‘stop-motion’ per Stefano Bessoni è “l’anima nera dell’animazione”. L’artista è protagonista a ‘Cartoons On The Bay’ con la mostra ‘Stefano Bessoni. Stop-motion e altre scienze inesatte” a cura di Lorenza Fruci. Regista cinematografico, scrittore, illustratore e animatore, Bessoni affonda la sua poetica nel concetto di Wunderkammer, le “camere delle meraviglie”, un genere che si nutre di riproduzioni di ambienti con storie gotiche e misteriose. La mostra, aperta al pubblico all’Aurum di Pescara fino al primo giugno, è un viaggio nell’immaginario dell’artista.  

“Con questi progetti, disegni e le mie marionette – racconta l’artista – ho voluto far conoscere il mio mondo interiore espressivo che porto avanti da tanti anni. La tecnica della stop-motion è rimasta un po’ nell’ombra, è diventata importante grazie a Tim Burton. Può sembrare inquietante, perché questa arte muove oggetti reali inanimati, la definirei l’anima nera dell’animazione, si raccontano storie tendenzialmente romantiche e macabre nel senso ottocentesco del termine”.  

Secondo Bessoni, però, “in Italia questa tecnica è poco sfruttata. È quasi un luogo comune, quando si parla di questo genere, pensare subito a Tim Burton, come se solo lui potesse farlo. Poi, quando provi a lanciare un progetto simile in Italia, ti dicono che solo Tim Burton può farlo, che all’estero si può fare ma non qui. Ci sono sempre questioni di budget”. Forse, sottolinea l’artista, “è il momento di riconoscere che, grazie a Tim Burton, l’animazione stop motion e questo mondo macabro ma poetico legato alla diversità sono stati aperti a molti altri autori in tutto il mondo. Anche se non possiamo disporre di budget hollywoodiani, dovremmo considerare di produrre opere più piccole, più artigianali. Essere paragonato a Tim Burton da un lato mi onora, dall’altro mi crea un po’ di amarezza”. 

“Lavorare sulle opere di Stefano Bessoni è stata una sfida intrigante, data la complessità del suo lavoro”, commenta Lorenza Fruci che per prima cosa sottolinea “l’attenzione che abbiamo voluto dare alla stop motion, un linguaggio espressivo particolare e non molto diffuso. Abbiamo scelto di illustrare il processo creativo dalla concezione iniziale, passando per lo script, fino al montaggio finale. È stato affascinante mostrare come un’idea si trasformi in schizzi e poi in un film, attraverso la composizione e l’animazione dei burattini”. 

Questo, secondo Fruci, “rappresenta un valore importante per il festival: raccontare un linguaggio che, sebbene sia spesso associato ai bambini, è utilizzato efficacemente anche per narrare storie destinate ad un pubblico adulto”. Un altro aspetto indagato in questa mostra, racconta Fruci, “è il suo potenziale educativo. Bessoni, con il suo immaginario gotico e a tratti macabro, ci invita a vedere oltre le apparenze. Questa narrazione ci porta a confrontarci con il diverso, quel diverso che all’inizio ci spaventa o ci sembra repellente. Tuttavia, una volta che lo esploriamo più a fondo, scopriamo che racchiude una ricchezza di umanità e poesia che altrimenti ci sarebbe rimasta ignota”.