(Adnkronos) – Nella West Nile “i casi individuati rappresentano solo la punta dell’iceberg, poiché la maggior parte delle infezioni decorre in modo asintomatico: occorre fare diagnosi precoci e mappare il territorio”. E’ il monito di Miriam Lichtner della Simit, la Società italiana di malattie infettive e tropicali che alla luce dei 7 infettati – con un’anziana morta – in provincia di Latina, invita a “rafforzare la sorveglianza clinica e ambientale e ad attuare con urgenza misure di prevenzione contro il vettore, la zanzara Culex pipiens”.  

Gli specialisti sottolineano che “la rete infettivologica regionale, rafforzata dopo la pandemia da Covid-19, è già attiva” e che oggi “si terrà un vertice con tutti i reparti di Malattie infettive e i pronto soccorso del Lazio, con l’avvio di attività di formazione per i sanitari” coordinate dal segretario Simit Emanuele Nicastri, direttore Uoc Divisione Malattie infettive ad alta intensità di cura Irccs Inmi Spallanzani di Roma. Intanto “la Regione Lazio ha già attivato le disinfestazioni nei Comuni colpiti e un monitoraggio degli insetti vettori”. 

Intanto “quattro pazienti con diagnosi accertata di West Nile neuroinvasiva, ricoverati la scorsa settimana, presentano un progressivo netto miglioramento e risultano in discrete condizioni generali”, comunica la Asl di Latina. Quanto agli altri 2 infettati, “un paziente di 86 anni con importanti comorbidità permane in gravi condizioni, anche se stabili negli ultimi giorni”, mentre “un altro con diagnosi confermata di West Nile è ricoverato in terapia intensiva e necessita al momento di supporto ventilatorio assistito”, si legge in una nota dell’azienda sanitaria. 

L’Asl di Latina ha intanto attivato “una task force per misure straordinarie a tutela della salute pubblica, coordinata dalla direzione generale e composta da tutti gli specialisti coinvolti nel percorso di gestione, prevenzione e sorveglianza del virus”. Inoltre “è in fase di attivazione un tavolo tecnico operativo, che coinvolge tutti gli attori istituzionali e sanitari locali, finalizzato alla pianificazione e all’attuazione di interventi integrati di prevenzione, controllo e informazione”. Lo comunica l’azienda sanitaria in una nota. 

L’Asl spiega di avere “immediatamente attivato tutte le misure necessarie a fronte dei recenti casi di infezione da West Nile virus registrati nella provincia”. L’azienda assicura di avere messo in campo “una risposta tempestiva e un importante sforzo organizzativo per garantire la tutela della salute pubblica e contenere il rischio di diffusione del virus. In particolare, è stata istituita una task force aziendale multidisciplinare” per “la definizione di percorsi operativi condivisi, capaci di assicurare un’azione coordinata e continuativa su tutto il territorio”. 

“Il West Nile o febbre del Nilo occidentale, una malattia dal nome esotico che in passato era effettivamente considerata solo una delle tante patologie tropicali, oggi in Italia non è più solo un fenomeno importato occasionalmente, ma una malattia endemica” come confermano i “molti casi registrati in diverse zone del Paese, con un cluster di casi autoctoni nella provincia di Latina” e la morte di un’anziana 82enne. Lo sottolinea l’osservatorio Virusrespiratori.it., di cui il virologo Fabrizio Pregliasco è direttore scientifico. Il contrasto delle zanzare è l’unica arma per proteggersi da un virus contro il quale non esistono vaccini né farmaci mirati, ricorda il medico, direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell’università Statale di Milano. 

Complice il fatto che alcune specie di uccelli sono serbatoi del virus West Nile e in diversi casi si sono riscontrate infezioni anche in cavalli e cani, il microrganismo è in espansione nella Penisola, evidenzia l’osservatorio. “Anche il cambiamento climatico gioca un ruolo centrale nell’aumentata circolazione – afferma Pregliasco – L’innalzamento delle temperature e la ‘tropicalizzazione’ delle città italiane creano condizioni favorevoli per la proliferazione delle zanzare vettore, estendendo così il rischio di infezione a nuove aree del Paese. Al momento non parlerei di allarme, ma è sicuramente una situazione che merita un’enorme attenzione sia da parte del personale sanitario, sia da parte delle istituzioni nonché dei cittadini”, esorta l’esperto. 

La malattia viene trasmessa all’uomo dalla puntura di zanzara, più frequentemente del tipo Culex, e non si trasmette da persona a persona, precisa l’osservatorio. Se la maggior parte degli infettati non manifesta sintomi o si ammala in maniera lieve – solo il 20% presenta disturbi leggeri come febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei – negli anziani e nelle persone immunodepresse la sintomatologia può essere più grave e arrivare a colpire il sistema nervoso centrale, con forme di meningite o encefalite che possono risultare anche fatali. “Al momento – rimarca Pregliasco – non esistono vaccini o medicinali che trattino in modo specifico il virus.  

L’unico modo per proteggersi dal West Nile è pertanto la prevenzione, ovvero ridurre l’esposizione alle punture di zanzare. Fondamentali sono quindi le misure di protezione individuale, come l’uso di repellenti e zanzariere, insieme alla disinfestazione delle aree verdi e alla rimozione dei ristagni d’acqua dove le zanzare si riproducono. Anche perché le zanzare possono trasmettere non solo il West Nile, ma anche altri virus pericolosi come Dengue, Chikungunya, Zika virus, Usutu virus, la malaria e altre malattie a trasmissione vettoriale”. 

“La diagnosi è molto importante, fortunatamente tra gli infettivologi c’è molta attenzione sull’argomento e si lavora da anni nel diffondere la conoscenza di queste patologie a tutta la classe medica”, evidenzia Lichtner, professore ordinario di Malattie infettive e tropicali all’università Sapienza di Roma. “I colleghi di Latina – rimarca – sono stati molto bravi a pensare al West Nile e a identificare i casi con il supporto del laboratorio dello Spallanzani. I sintomi spesso assomigliano a un’influenza: febbre, mal di testa, rash cutaneo. Ma in alcuni casi compaiono tremori, sonnolenza, stato confusionale. Occorre intercettare subito i casi sospetti con screening mirati, specialmente nei pronto soccorso e dai medici di medicina generale”.  

L’esperta evidenzia che “il virus del West Nile non ha una cura specifica codificata. Il trattamento è sintomatico e di supporto: idratazione, controllo della febbre, monitoraggio delle funzioni vitali del paziente. Nei casi più gravi si possono utilizzare immunoglobuline e antivirali utilizzati per altri virus, come ad esempio il remdesivir. Per questo la diagnosi precoce e la prevenzione sono oggi i principali strumenti che abbiamo per contenere l’infezione”.  

“Accanto alla sorveglianza clinica, poi – ricorda Lichtner – è fondamentale la prevenzione ambientale: il vettore va controllato con disinfestazioni basate su larvicidi e adulticidi, a partire dalle aree umide e dai centri abitati. Anche i cittadini possono fare la loro parte: no ai ristagni d’acqua nei giardini, attenzione ai sottovasi, uso di repellenti e zanzariere”. E “con queste elevate temperature – raccomanda la docente – bisogna estendere l’attenzione a tutta la famiglia delle arbovirosi, come Dengue, Usutu, Chikungunya, Zika, visto che alcune di queste infezioni si sono già verificate anche alle nostre latitudini”. 

“La situazione è da tenere sotto controllo – concorda il direttore scientifico della Simit, Massimo Andreoni – e non è una buona notizia che si siano registrati i primi casi anche nel Lazio. Questo indica una diffusione crescente del virus, che in diverse regioni italiane è già endemico e viene trasmesso dalla comune zanzara Culex, ben presente anche nel nostro Paese. Da un lato il cambiamento climatico, con temperature più elevate e maggiore umidità, sta favorendo la proliferazione delle zanzare; dall’altro diventa fondamentale che i medici riconoscano precocemente questa infezione. Solo così – avverte lo specialista – possiamo evitare complicanze serie, soprattutto nei pazienti più fragili”. 

Gli infettivologi puntualizzano che, “a differenza della Dengue, la persona infettata” dal West Nile virus “difficilmente può essere una fonte di infezione se viene punta in quanto nell’uomo l’infezione viene detta abortiva-terminale (dead-end host)”.