(Adnkronos) – La Russia passa al contrattacco oggi, 15 gennaio, dopo i massicci raid lanciati ieri dall’Ucraina che hanno colpito siti militari e industriali in tutto il territorio russo. “Prese di mira le infrastrutture energetiche, con il lancio di oltre 40 missili e più di 70 droni” i ‘kamikaze’ Shahed, ha denunciato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, sottolineando che Kiev deve “continuare a rafforzare le capacità dello scudo aereo”.
“Siamo nel mezzo dell’inverno e l’obiettivo dei russi resta immutato: la nostra infrastruttura energetica”, ha scritto in un post su X prima di arrivare in Polonia per incontrare il primo ministro Donald Tusk, a seguito di un’annunciata svolta diplomatica tra Kiev e Varsavia su una disputa di lunga data che risale alla Seconda guerra mondiale. “Tra gli obiettivi ci sono strutture che consentono la vita quotidiana della popolazione”, ha affermato, spiegando che grazie ai sistemi di difesa aerea e “a tutte le unità coinvolte siamo riusciti a mantenere operativo il sistema energetico”.
Zelensky ha quindi ribadito la necessità di uno “scudo aereo” in grado di proteggere i civili. Le promesse in merito fatte dagli alleati al summit della Nato a Washington e alla riunione di Ramstein restano “parzialmente non rispettate”, ha criticato, sottolineando che il suo governo “ha anche parlato di licenze per la fabbricazione di sistemi di difesa aerea e missili, che sarebbero garanzie efficaci di sicurezza per l’Ucraina”. “E’ realistico e necessario – ha rimarcato – Siamo grati a tutti coloro che stanno aiutando il nostro Paese, ma non si tratta solo del nostro Paese. Con la difesa dell’Ucraina stiamo definendo se l’Europa e il mondo democratico nel suo complesso possano fermare le guerre in modo affidabile ed efficace”.
Mosca, dal canto suo, ha confermato di aver preso di mira le infrastrutture energetiche ucraine. Il ministero della Difesa russo ha ammesso di aver colpito “strutture di importanza critica per l’infrastruttura del gas e dell’energia” che “assicurano il funzionamento del complesso militare-industriale dell’Ucraina”. A seguito dei raid la compagnia energetica statale Ukrenergo ha segnalato interruzioni di corrente nelle regioni di Kharkiv, Sumy, Poltava, Zaporizhzhia, Dnipropetrovsk e Kirovohrad.
Zelensky, intanto, è arrivato in Polonia, Paese in prima linea nel sostegno a Kiev fin dall’inizio dell’invasione con un’assistenza stimata in oltre 3 miliardi di euro. Nei rapporti tra i due Paesi, tuttavia, pesa la questione delle vittime della Volinia, che a luglio lo stesso presidente Zelesnky avava commemorato in una cerimonia insieme al suo omologo polacco, Andrzej Duda. Fra la primavera e l’estate del 1943, in piena Seconda guerra mondiale, fra i 60mila e i 90mila civili di origine polacca furono uccisi nell’allora Polonia orientale occupata dai nazisti dal gruppo partigiano ucraino dell’Esercito insurrezionale ucraino (Upa), gruppo militare dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (Oun) di Stepan Bandera alleata delle forze di occupazione, un massacro usato dalla propaganda russa per accusare l’Ucraina contemporanea di nazismo, con il termine in voga dal 2014 di ‘banderiti’ per definire gli ucraini.
Fra i 15mila e i 30mila ucraini furono uccisi in rappresaglia dai polacchi (secondo quanto ha dimostrato lo storico ucraino di Harvard Serhii Plokhy). In particolare, l’11 e il 12 luglio 1943, furono lanciati attacchi coordinati e ben pianificati contro 150 villaggi con uccisioni, l’11 che era domenica, nelle chiese dove i fedeli erano riuniti per la messa. Nel 2016 il Parlamento polacco aveva approvato una risoluzione in cui si riconosceva il massacro come genocidio, un termine che l’Ucraina ancora nega. Varsavia continua a chiedere di avere accesso ai siti in cui si ritiene siano state sepolte alcune vittime, in modo che possano essere riesumate e si possa procedere con i funerali. Venerdì Tusk ha salutato una “svolta” nei legami, affermando che l’Ucraina aveva preso la decisione di consentire le prime riesumazioni delle vittime.
Le autorità di Kiev e quelle di Mosca hanno scambiato 25 prigionieri di guerra. Lo ha reso noto il ministero della Difesa russo. L’accordo è stato mediato dagli Emirati Arabi Uniti. I prigionieri russi sono stati inviati in Bielorussa, dove verranno visitati da un medico e poi faranno ritorno a Mosca.
Gli Emirati Arabi Uniti potrebbero ospitare un possibile incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump. Lo ha detto alla Tass Oleg Karpovich, vicerettore per gli affari scientifici presso l’Accademia diplomatica del Ministero degli esteri russo. “Durante la sua campagna elettorale, Donald Trump ha dichiarato che avrebbe contribuito a risolvere la crisi ucraina. È giunto il momento di passare alla fase successiva e di mantenere le promesse fatte”, ha affermato Karpovich, aggiungendo che Trump si è reso conto che la politica perseguita dal presidente degli Stati Uniti uscente Joe Biden ha portato a una profonda crisi nelle relazioni tra Russia e Stati Uniti.
L’esperto ha scartato la Svizzera come possibile sede per l’incontro. “La Svizzera ha cessato di essere un paese neutrale da quando ha aderito alle sanzioni anti-russe. Non è più il territorio neutrale che era una volta”, ha affermato. “Quindi, è probabile che venga scelto un paese mediorientale. A questo proposito, gli Emirati Arabi Uniti si distinguono come un’opzione praticabile, data la loro storia di facilitazione di vari scambi, negoziati e consultazioni. Gli Emirati Arabi Uniti hanno una storia positiva nell’ospitare tali colloqui”, ha spiegato.