(Adnkronos) – Donald Trump trionfa nelle elezioni presidenziali americane 2024, ecco l’analisi del voto Usa in diretta streaming sul sito di Adnkronos con ‘Breakfast in America’. Tanti gli ospiti in studio e collegati con l’evento in collaborazione con il Centro Studi Americani. In studio il direttore dell’Adnkronos Davide Desario e i vicedirettori Giorgio Rutelli e Fabio Insenga (GUARDA LA DIRETTA).
“Grande la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente per l’Italia. Perché grazie al lavoro fatto, in politica estera, dal presidente Meloni ci pone in un ruolo di mediazione diplomatica, è importante saper sfruttare quest’opportunità”, ha detto Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura della Camera e deputato di Fratelli d’Italia.
“L’Italia ha avuto una posizione netta nel sostegno all’Ucraina, e continueremo ad averla perché il diritto alla difesa del popolo ucraino è, come quello del popolo israeliano, inalienabile, certo è che siamo stati, più o meno in evidenza – ha aggiunto – alla guida, con il ministro Crosetto, di canali di diplomazia segreta. Avremo questo ruolo di ago della bilancia da un lato, e di trait union dall’altra”.
“Il messaggio della presidente Meloni va a confermare quello che dicevamo prima, ovvero che l’Italia avrebbe collaborato con qualsiasi presidente eletto, a maggior ragione con un presidente eletto che ha una base elettorale conservatrice. Dal punto di vista dei valori c’è maggiore armonia, uniformità rispetto al fronte progressista”, ha poi aggiunto.
E ha detto ancora: “Sono d’accordo con l’analisi di Castellone. Noi viviamo in uno specchio deformante dell’informazione in Europa, abbiamo avuto la mostrificazione di Trump rispetto alla santificazione di Harris e anche la falsificazione di quello che si pensava negli Stati Uniti, che si è palesato con i risultati, un po’ quello che succedeva in Italia nel dopoguerra tra Dc e Pci, con i voti della Dc che venivano nascosti ma poi vinceva sempre lei: quest’analisi “.
“Non possiamo giudicare con il metro italiano quello che succede altrove. Negli Stati Uniti i giornali tentano di convincere l’opinione pubblica della vittoria di Kamala Harris, ma l’opinione pubblica da un mese sapeva della vittoria di Donald Trump”. Così Nino Foti della Fondazione Magna Grecia. “Anche in Italia abbiamo letto per settimane un vero e proprio ‘tifo’ di firme anche importanti a livello nazionale che ci hanno portato a dire che non c’era alcuna alternativa alla Harris”, ha aggiunto.
“È stata una campagna elettorale senza colpi di genio o comunicazione. Abbiamo visto due campagne: una Biden contro Trump, il cui obiettivo era attaccare Biden. Poi con la Harris è cambiato tutto, con una nuova campagna e una ‘bolla Harris’. L’unico confronto tv fra i due, preparato bene dalla war room democratica fra temi, postura, sguardi, non ha spostato quasi niente e anzi cristallizzano le posizioni”, ha detto Luigi Di Gregorio, professore di Comunicazione politica all’Università della Tuscia.
“Poi – ha spiegato – è intervenuta Taylor Swift, che secondo la stampa americana era in grado di spostare di più l’opinione pubblica rispetto al dibattito. Ma non va confusa la popolarità con i voti: è vero che siamo abituati a uno showbiz che fa endorsment a sinistra, come nel 2016 e nel 2020. Dopo il 10 settembre, fuori dalle bolle, si è tornati su binari di normalità. Trump è tornato Trump, è immodificabile e funziona, un comunicatore perfetto che arriva al cuore delle emozioni, che sono la predisposizione del’azione, del voto. La Harris invece, in maniera opposta, ha tentato di parlare all’elettorato moderato, senza riuscire ad allargare in modo emozionale la base”.
“La defenestrazione di Gallant ieri è stata ad orologeria ieri, come molte delle azioni di Netanyahu nelle ultime settimane. Questo periodo pre-elettorale americano ha incoraggiato gli israeliani a fare di più. Non credo fra Israele e Stati Uniti cambierà molto: Israele fa secondo le sue convenienze, e anche Netanyahu fa secondo le proprie convenienze personali, che non sempre coincidono. Probabilmente Trump userà suo atteggiamento transattivo anche con Israele. Rapporto non sarà facilissimo, ma può essere più facile rispetto a Biden. Sarà importante considerare l’orizzonte di un rilancio degli accordi di Abramo. Si è dimenticato però il centro della questione, la questione Palestinese. Il ruolo dell’Europa sarà quello di ricordarlo”, ha detto dal canto suo Francesco Talò, consigliere del ministero della Difesa.
“Adesso l’Europa deve fare i compiti a casa, su tre temi: sicurezza, Cina, competitività – ha continuato – Temi collegati fra loro. Un altro indice, l’indice Trump, parla dei Paesi più a rischio con questa nuova presidenza, con tre fattori: sicurezza, immigrazione e interscambio. Sull’immigrazione noi non rischiamo, rischia di più di tutti il Messico e i Paesi a sud del Messico. Ma su sicurezza e interscambio è la Germania che rischia più di tutti. Ma anche l’Italia ha molti compiti da fare, soprattutto su sicurezza, ricordandoci che è nostro interesse spendere di più. Sulla competitività diventano cruciali due persone: Mark Rutte e Ursula von der Leyen. E diventa importante anche il ruolo di una terza persona: Giorgia Meloni, che ha un buon rapporto con entrambi e che può avere un buon rapporto con Trump e stabilità maggiore degli altri Paesi europei”.
“Evidentemente Trump ha saputo parlare agli americani più dei democratici. Trump è stato bravo a cavalcare quei temi che sono stati vincenti, ha parlato di pace, promettendo un cambio di passo, che vogliono i cittadini, ha parlato di ridare poteri agli americani, e ha saputo parlare a quella parte di Paese, quell’America bianca e povera. Harris ha parlato troppo poco di lotta alla povertà, è stato troppo timida sulle posizioni pacifiste”, ha detto Mariolina Castellone, vicepresidente del Senato in quota Movimento 5 stelle.
“A me alcuni punti della politica trumpiana mi spaventano, per me gli Stati Uniti hanno sempre rappresentato la multiculturalità, l’accoglienza e che questo mi possa cambiare mi spaventa – ha aggiunto -. Mi spaventano le posizioni antiscientifiche, no vax, io spero che ci ripensi”.
“Dalle parole di Salvini” per la vittoria di Trump “si evidenziano delle contraddizioni interne alla maggioranza. Salvini parla di pace e invece all’interno della maggioranza ci sono posizioni che spingono per una corsa agli armamenti, lo vediamo nella legge di bilancio, una linea dura di Israele. Nelle forze che sostengono la maggioranza ci sono posizione diverse che sono sintetizzate nella figura di Trump, per questo è più vicino alla maggioranza che alle opposizioni”, ha poi aggiunto.
“Trump, però – ha affermato ancora -, ha parlato con tutti, anche con Conte, durante il suo primo governo. Quello che il nostro leader ha detto, appunto, è che si deve dialogare con chiunque andrà a fare il presidente degli Stati Uniti”. “Quanto a ciò che cambierà, nulla per la maggioranza, mentre per le opposizioni c’è da imparare una lezione: saper intercettare le esigenze delle persone, e bisogna di dire in modo chiaro quali sono le posizioni su un determinato tema”, ha concluso Castellone.
“Ci aspettavamo un commento del genere” da Meloni, “ma ricordiamo tutti il bacio in fronte di Biden. E’ evidente che una presidente del Consiglio deve parlare con chiunque sia il presidente americano”, ha concluso.
“La preoccupazione europea maggiore con la vittoria di Donald Trump riguarda il quadro della Nato. In un periodo funestato da guerre vicinissime all’Europa o sul continente europeo, la questione della difesa è tornata di grande attualità. Questa è una questione delicata: nel post II guerra mondiale, gli Stati europei hanno fatto un notevole passo indietro rispetto al ruolo della capacità di azione militare su piano globale e, verosimilmente, ci siamo resi conto anche sul piano della difesa diretto in caso di aggressione. Su questo ci si è appoggiati molto al pilastro della Nato e agli Stati Uniti e al loro ruolo planetario che, nei decenni, si è ridotto. La preoccupazione è che con la presidenza Trump si accentui quella frizione già apparsa nelal prima presidenza rispetto a un maggior impegno europeo per la spesa di difesa. Questo significa due cose per gli europei: una eventuale aumento di tasse e un riequilibrio della spesa pubblica a gettito fiscale invariato che si ripercuoterebbe su elementi di stato sociale cui siamo abituati”. Così l’ex ministro degli Affari Esteri Enzo Moavero Milanesi.
“Nei confronti della Cina, Stati Uniti e Europa condividono una serie di preoccupazioni: sul versante energetico, delle migrazioni, politica estera, sociale, interna” mentre, all’invasione dell’Ucraina da parte russa, “l’Europa e Ue hanno dato una soprendente risposta di concordia: da un lato non era scontato, dall’altro la politica di difesa e politica estera europea dipendono totalmente da decisioni unanimi senza il quale l’Europa non reagisce. In un secondo momento c’è stata però una non completamente attesa notizia riguardo agli arsenali degli Stati europei, che presentavano numerose falle. La produzione di armamenti in Europa sappiamo non essere in grado di mantenere il passo della domanda della guerra in corso e delle promesse fatte. Che la presidenza Trump possa dare maggiori tempi all’Europa per adeguare la sua spesa per la difesa e la sua capacità industriale e di ristrutturare i suoi arsenali è un grosso punto interrogativo. Dipende dai modi con cui la questione verrà posta, non credo agli scenari del disimpegno americano, ma è verosimile ci possa essere un atteggiamento estremamente pressante”.
“La vittoria di Trump dà all’India la confidenza che gli Stati Uniti non la abbandoneranno in caso di una guerra nell’indo-pacifico, soprattutto nel caso di una aggressione cinese a Taiwan. Inoltre l’India spera in un allargamento negli accordi di Abramo con l’inclusione dell’Arabia Saudita che sarebbe di grande vantaggio per l’India e per Modi”. Così il Capo della Camera di Commercio indiana in Italia Vas Shenoy.
“Queste elezioni sono le più importanti per l’indo-pacifico e per l’India. C’è stato un contatto fra conservatori indiani e americani, e un forte rapporto fra Modi e Trump. Per la prima volta nella storia americana c’era una rappresentanza delle origine indiane: Kamala Harris l’ha negata per una parte della campagna elettorale. Questo – conclude Shenoy – le ha fatto perdere il sostegno di una parte che ha sempre votato democratico. La moglie di J.D. Vance invece è indiana figlia di immigrati”.
“Con il senno di poi è facile, sembravano elezioni incerte ma tutte le incertezze, oggi, ci fanno dire: ‘Com’era possibile che succedesse il contrario?’ Le debolezze di Trump non hanno cambiato l’inerzia politica, ma mentre la prima vittoria di Trump è stata corsara, questa seconda vittoria, che è netta anche nel voto popolare, sembra profilare un cambiamento di paradigma strutturale, cioè consolida un cambiamento della politica americana, che dovrà cambiare qualcosa anche nei Democratici. Se prima era un ‘underdog’, ora è quasi mainstream”. Lo ha detto Giovanni Orsina, professore di scienza politica della Luiss.
“L’Europa stava attendendo con più ansia del solito l’esito delle elezioni americane. Diversi i canali su cui l’Europa potrebbe essere impattata dalla vittoria di Trump. In prima battuta, quello commerciale: abbiamo già visto le ripercussioni sul settore manifatturiero, in particolare quello tedesco. Riteniamo che le proposte di dazi commerciali al 10% contro tutti i partner commerciali e soprattutto le implicazioni maggiori, con dazi commerciali fino al 60% sui prodotti cinesi potrebbero avere ripercussioni negative sulle esportazioni e sul manufatturiero tedesco”. Così Giada Giani, senior economist di Citi per l’Europa.
“Altro settore importante – spiega Giani – è quello dell’energia: l’Europa ha sofferto un grosso shock energetico negli ultimi tre anni. In grande parte questo è rientrato ma non totalmente. Evoluzioni sul fronte del conflitto in Ucraina potrebbero avere delle ripercussioni sul prezzo dell’energia, anche positive, con il prezzo del gas che potrebbe scendere ulteriormente, portando sollievo a settori che soffrono ancora dell’aumento del prezzo delle commodities energetiche più alte del pre-pandemia. Infine il lato fiscale: nessuno dei due candidati proponeva il rientro del deficit pubblico americano ma sicuramente le proposte repubblicane tendono ad essere più costose da punto di vista della politica fiscale: i rendimenti sui bond governativi hanno prezzato già prima delle elezioni uno scenario di aumento del deficit e dei tassi di interesse. Questo – conclude – potrebbe avere delle ripercussioni anche sui rendimenti europei”.
“Al di là della complicazione dello spoglio, mi pare che Trump abbia vinto. Io non sono d’accordo su tutte le preoccupazioni sulla democrazia statunitense, anche perché il presidente non è un uomo solo al comando. Io non penso che possa fare delle giravolta, è vero che Trump è imprevedibile, e ha detto delle cose che ci hanno preoccupato, come per esempio sull’invasione dell’Ucraina. Può permettersi di far vincere Putin e aprire altre faglie di crisi in Europa? Può permettere che Xi Jimping invada Taiwan? Può non coltivare il rapporto con l’Europa? Sono domande che mi faccio, e rimango ottimista, perché un conto sono le dichiarazioni elettorali, un conto è la realtà”. Lo ha detto Stefania Craxi, senatrice di Forza Italia e presidente della commissione Esteri e Difesa di palazzo Madama, intervenendo a Breakfast in America. “L’unico problema potrebbero essere i dazi, ma anche qua: può permettersi di farlo davvero? – ha aggiunto -. Io rimango ottimista per le alleanze, lo ripeto”.
“L’Europa ha avuto un tempo sufficiente, dalla guerra fredda agli anni ’20, trent’anni per creare forze armate europee. L’Europa ha scelto di fare altro. Non crei delle forze armate di un continente composto da 27 Stati nel giro di 4 anni, non lo creeremo nei prossimi anni, di fronte all’invasione russa dell’Ucraina. Bisognava pensarci prima”, spiega il professore Gabriele Natalizia, docente di Relazioni internazionali all’Università La Sapienza di Roma.
“Il concetto di autonomia strategica, evidentemente dagli Stati Uniti, e che implicava una forza armata europea sembra essere tramontato” conferma Natalizia, secondo cui “la posizione italiana è stata quella vincente: lavorare insieme con gli alleati quando è possibili ma fare da soli quando è necessario. Sia Harris sia Trump avrebbero condiviso un imperativo strategico: il disimpegno dalle aree non ritenute vitali per gli interessi americani nel momento in cui gli interessi vitali americani sono in gioco nell’indo-pacifico”.
“Lavorare oggi all’autonomia strategica significa far sviluppare una industria della difesa europea, incapace di sostenere lo sforzo bellico della resistenza ucraina, significa coordinare gli acquisti delle varie forze armate per cercare di renderle quanto più interoperabli possibili e non delle forze armate che non comunicano e non possono lavorare tra loro”.
“Viene da chiedersi cosa succedere con un Presidente in carica con numerosi capi di imputazione, a cominciare dal caso Stormy Daniels, e sotto inchiesta e quali decisioni saranno prese. Il secondo punto è che genere di presidenza sarà quella di Trump, sul tema del ruolo predominante di Elon Musk e di Peter Thiel (fondatore Paypal, ndr) che teorizzano come la democrazia non sia più in grado di governare e che vorrebbero un governo di super tycoon tecnocrati. Temo che potrebbe prefigurarsi un presidente attorniato da yes man, come nella sua prima presidenza, e che ceda molta della sua strategia a figure come Thiel e Musk. Ci potrebbe portare uno scenario distopico”. Così la regista, documentarista e giornalista Antonella Rampino intervenendo a Breakfast in America.
“Adesso comincerà una corsa all’interpretazione su cosa voglia dire quello che Trump ha detto, ovvero che farà finire la guerra” in Ucraina “in 24 ore. L’interpretazione più ricorrente è che voglia esercitare una pressione su Zelensky, su cui ha una leva fondamentale che è la fornitura di armi, oppure su Putin, che sono le minacce, questo perché si siedano a un tavolo. In Europa ci sarà un’accelerazione molto forte su come fare all’indomani per strutturarsi per contenere Putin”. Lo ha detto Beniamino Irdi, senior fellow, Atlantic council. “Il tratto che mi preoccupa di più di Trump è il distacco dall’Europa”, ha aggiunto.
“Sì, la traiettoria è abbastanza tracciata per la vittoria dei Repubblicani. Si attende Trump ed è il momento dell’inizio del processo ai democratici, è stata una totale debacle, questa sconfitta negli Stati Uniti è gemella di quella delle sinistre in Europa”. Lo ha detto Antonio Di Bella, giornalista Tv 2000 in collegamento da Washington davanti a Capitol Hill, intervenendo a Breakfast in America.
“E’ una sveglia per le classi politiche europee, ma per l’Europa in generale. Trump tratterà con i singoli Stati, ma soprattutto si dovrà ragionare sull’aumentare i fondi per la difesa – ha aggiunto -. Inizierà per i democratici inizierà la notte dei lunghi coltelli, io spero che si rinnoveranno anziché puntare sul trumpismo di sinistra”.
“E’ stata una giornata molto intensa, con lunghe code ai seggi. Colpisce la modalità di elezione negli Stati Uniti. Emerge una grossa polarizzazione soprattutto nello Stato di New York, dove vince Trump, mentre nella città di New York vince Harris”, ha detto Alessandro Alfieri, senatore del Partito democratico, intervenendo a Breakfast in America.
“Ci sono due diverse bolle, con fronti diversi in cui è difficile che ci si sposti da una parte all’altra – ha proseguito -. Il potere d’acquisto e l’inflazione sono stati tra i temi centrali, poi le politiche migratorie”. La partecipazione più alta negli Stati Uniti rispetto all’Italia che effetto fa? “Qua ci sono strumenti per aumentare la partecipazione, e questa volta anche i repubblicani hanno investito nel voto anticipato rispetto al 2020. Poi le campagne hanno portato anche a voti più consapevoli”, ha detto ancora Alfieri.
“Se dovessimo leggere le elezioni americane con la lente dei media europei, Harris sarebbe già presidente, ma chi ha interlocuzioni con gli Stati Uniti, il fatto che Trump fosse avanti lo si poteva misurare, chi ha paura che la sua vita possa cambiare vota Trump”, ha concluso Alfieri.
“I dati sono positivi per una potenziale vittoria di Trump. Il primo swing State confermato per lui è la North Carolina, bisogna però vedere come va in Pennysilvania e Michigan”, le parole di Lorenzo Montanari, vicepresidente International Affairs, Americans for tax reform.
“Più del 50% degli americani pensano che Trump sia meglio a gestire l’economia, l’americano ha votato considerando l’aumento della spesa. La grande differenza tra di loro è sul lato fiscale”, ha proseguito. “I Repubblicani non sono stati trumpizzati del tutto, per lo meno dal punto di vista commerciale, ma bisogna vedere quanti repubblicani verranno eletti tra Camera e Senato, io spero per in un approccio più moderato sui dazi”, ha aggiunto.
“Il dato di fondo è una volontà degli Stati Uniti di voler cambiare strada. Non sappiamo ancora come finirà ma anche se finisse a sorpresa verso Kamala Harris, che sembra improbabile, il Paese ha dato un segnale fortissimo di discontinuità. Questa voglia di cambiare strada si è espressa in un voto che sta andando in una direzione che sta dando non solo un secondo mandato a Donald Trump ma anche di affiancarli un Congresso che potrebbe essere monocolore. Vedere un Trump che sta ricostruendo la mappa del 2016 fa abbastanza impressione, dopo tutto quello che è successo. Se le proiezioni sono corrette, un Trump che potrebbe superare i 300 voti elettorali, deve far riflettere il mondo”. Così il Co-founder Bea – Be a media company Marco Bardazzi intervenendo a Breakfast in America.
“L’impressione finale – conclude – è un bisogno di un cambio di passo che vede in Trump ancora oggi l’uomo contro l’establishment, un segnale contro i dirigenti in generale in tutti i Paesi del mondo. Non è un segnale solo per l’America ma per tutto il mondo”.
“C’è da capire se sarà – prosegue Bardazzi – un Trump libero o con una o due mani legate dietro la schiena, dipende che congresso avrà: un Trump con Senato e Camera controllato dai Repubblicani per due anni avrà tutta la possibilità di mettere in pratica le cose che ha promesso nella campagna elettorale. In chiave internazionale avremo subito degli effetti: i dazi doganali saranno probabilmente uno dei primi ordini esecutivi dello studio ovale e potrebbe scatenare delle guerre commerciali, di cui l’Europa risentirà. Dal punto di vista internazionale sappiamo quanto vogliono prendere le distanze dalla guerra in Ucraina, dall’impegno nella Nato, quanto vogliono chiedere un maggior impegno ai paesi arabi per far risolvere la questione con Israele, sappiamo che il focus diventa quello dell’Asia completamente e le sfide dell’indo-pacifico”.
“Qua tira un’aria buona. Trump è appena arrivato e spero che entra un’ora sia chiusa la partita. Trump parlerà solo con numeri alla mano”, ha detto Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia, eletto nella circoscrizione Usa, collegato da Palm Beach nel comitato elettorale Trump, intervenendo a Breakfast in America.
Con una vittoria di Donald Trump “vedo una positiva defiscalizzazione e incentivi alle aziende. Spero che i dazi siano un tema solamente da campagna elettorale perché andrebbero a colpire i prodotti europei. Speriamo che verso l’Europa il governo Trump possa facilitare la politica dei visti perché si fa sempre più complicato importare i nostri cervelli”. Così l’Amministratore delegato della Colavita Usa, Giovanni Colavita.
“Non c’è stato con Biden un netto cambiamento sul tema dei dazi. Quello che è mancato con Biden – conclude Colavita – è un supporto alle aziende, sul tema della fiscalità e degli incentivi. Questo approccio di Trump a rifocalizzare sull’America darà forte supporto alle aziende e stimoli all’economia che potrebbe ripartire”.
Castellone: “Trump bravo a cavalcare temi che sono stati vincenti, ma mi spaventa”
“Dalle parole di Salvini” per la vittoria di Trump “si evidenziano delle contraddizioni interne alla maggioranza. Salvini parla di pace e invece all’interno della maggioranza ci sono posizioni che spingono per una corsa agli armamenti, lo vediamo nella legge di bilancio, una linea dura di Israele. Nelle forze che sostengono la maggioranza ci sono posizione diverse che sono sintetizzate nella figura di Trump, per questo è più vicino alla maggioranza che alle opposizioni”. Lo ha detto Mariolina Castellone, vicepresidente del Senato in quota Movimento 5 stelle, intervenendo a Breakfast in America, la diretta streaming dell’Adnkronos per le elezioni americane.
“Trump, però – ha aggiunto -, ha parlato con tutti, anche con Conte, durante il suo primo governo. Quello che il nostro leader ha detto, appunto, è che si deve dialogare con chiunque andrà a fare il presidente degli Stati Uniti”.
“Quanto a ciò che cambierà, nulla per la maggioranza, mentre per le opposizioni c’è da imparare una lezione: saper intercettare le esigenze delle persone, e bisogna di dire in modo chiaro quali sono le posizioni su un determinato tema”, ha concluso Castellone.
“Sono d’accordo con l’analisi di Castellone. Noi viviamo in uno specchio deformante dell’informazione in Europa, abbiamo avuto la mostrificazione di Trump rispetto alla santificazione di Harris e anche la falsificazione di quello che si pensava negli Stati Uniti, che si è palesato con i risultati, un po’ quello che succedeva in Italia nel dopoguerra tra Dc e Pci, con i voti della Dc che venivano nascosti ma poi vinceva sempre lei: quest’analisi “. Lo ha detto Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura della Camera e deputato di Fratelli d’Italia, intervenendo a Breakfast in America, la diretta streaming dell’Adnkronos per le elezioni americane.
“C’è una frattura tra l’elite e il popolo, e Trump, pur facendo parte dell’elite, rappresenta questo, ha interpretato le aspirazioni, le paure più profonde del popolo americano, che ormai non si rappresenta più nel politicamente corretto dei democratici, dei segmenti delle minoranze, senza pensare ai diritti della maggioranza – ha aggiunto -. Noi, come ha detto Meloni, avremmo collaborato come governo e maggioranza con qualsiasi presidente eletto, ma può essere l’occasione per ridefinire il rapporto con la Nato, e ridefinire in maniera positiva una prospettiva di una Nato europea, può essere un vantaggio per la Nato e per l’Europa”.
“Va risolta la crisi in Ucraina, tutti hanno cercato di chiudere la guerra, però deve essere conclusa con la dignità e la difesa del popolo ucraino, così come in Medio Oriente”, ha concluso Mollicone.