(Adnkronos) – Si discute tanto di economia circolare e dei suoi fondamenti come uno dei fattori principali della transizione ecologica e dell’ecosostenibilità. In realtà, in questi ultimi anni riciclo, riuso, ricondizionamento non sono solo parole sulla bocca di molti, ma azioni virtuose messe in atto da un numero crescente di imprese e di cittadini. Applicare i principi di economia circolare, in sintesi, significa prolungare il ciclo di vita dei prodotti, il che si traduce anche in risparmio economico, oltre che naturalmente nella riduzione della quantità di rifiuti di ogni genere. Risparmio che, solo nel 2022 in Italia, è stato quantificato in 1,2 miliardi di euro. Una cifra considerevole in assoluto, ma non abbastanza rispetto a quanto fissato per il 2030. Attualmente, con 15,6 miliardi di euro complessivamente risparmiati a seguito di pratiche di economia circolare, infatti, siamo solo al 15% dell’obiettivo di complessivi 103 miliardi da raggiungere entro il 2030. Il che significa, che per riuscire ad arrivare al traguardo, dovremmo risparmiare 11 miliardi all’anno da qui al 2030, decuplicando lo sforzo prodotto nell’ultimo anno. Sono alcuni dei dati emersi dal Circular Economy Report 2023 elaborato dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano. Quali sono le cause di questo ritardo? Il Report indica soprattutto la scarsità di investimenti privati in economia circolare rispetto agli altri grandi Paesi dell’UE. Per contro, nel nostro Paese si evidenzia una elevata capacità di riciclare i rifiuti, ma del tutto insufficiente rispetto al quadro generale che suggerisce sempre più la strada del riuso rispetto al riciclo. Qualche spunto positivo però emerge nel Report. L’Italia risulta seconda per numeri di brevetti relativi all’economia circolare e sono ben 210 le startup circolari che hanno raccolto finanziamenti pari a 122,7 milioni di euro.
Che il nostro Paese sia piuttosto indietro rispetto agli obiettivi 2030 di economia circolare non lo dicono solo i dati sul risparmio economico sopra citati. Il Report di PoliMi, effettuato su imprese dei 7 principali settori produttivi, segnala che il 59% delle grandi aziende ha adottato almeno un pratica di economia circolare, ma solo il 29% di quelle piccole e, tra queste, in un anno sono aumentate dal 38% al 47% quelle che non intendono fare investimenti in economia circolare. Se parliamo poi di transizione verso l’economia circolare, solo il 2% delle aziende dichiara di averla completata e il 70% sta muovendo i primi passi. Sui dati pesano gli investimenti ancora troppo contenuti, in oltre la metà dei casi inferiori a 50 mila euro. Tra gli altri ostacoli allo sviluppo di pratiche di economia circolare, le aziende indicano gli elevati costi di investimento, l’incertezza della normativa del settore e la mancanza di incentivi.
Entrando nel dettaglio dei singoli settori produttivi, il più virtuoso è quello delle Costruzioni dove il 61% delle aziende ha adottato almeno una pratica di economia circolare, seguito dall’Impiantistica industriale con il 48%, terzo il Food&Beverage con il 41%. Al contrario, i settori meno propensi all’economia circolare sono quello del Mobile e Arredamento con solo il 20% di imprese che ha adottato almeno una pratica, seguito dall’Automotive con il 25% e dall’Elettronica di consumo con il 33%. Si segnalano anche aziende che non hanno avviato alcuna pratica di economia circolare e non hanno intenzione di adottarla per il prossimo futuro: in particolare il 60% delle aziende del settore Automotive, il 52% del Mobile e Arredamento, il 45% del Tessile.