(Adnkronos) – Per anni considerata critica, la soglia è stata superata venerdì scorso 

Lo scorso venerdì, 17 novembre, la temperatura media globale della Terra ha superato per la prima volta i +2 gradi centigradi rispetto al periodo preindustriale. La famigerata soglia da non raggiungere secondo gli accordi di Parigi del 2015 è stata raggiunta prima di quanto si temesse (2030). 

L’annuncio del record di venerdì 17 è stato dato su X da Samantha Burgess, vicedirettrice di Copernicus, il servizio di osservazione satellitare e da stazioni su terra e mare dell’Unione Europea, con queste parole: “La temperatura globale provvisoria nel set di dati per il 17 novembre rilevata da Copernicus è stata di 1,17 gradi superiore al periodo 1991-2020, la più calda mai registrata”. Burgess ha poi aggiunto “La nostra stima è che sia stato il primo giorno in cui la temperatura globale è stata di oltre 2 gradi superiore ai livelli del 1850-1900 (o preindustriali), risultando pari a 2,06 gradi”. 

Nonostante gli impegni formalmente presi da Stati, istituzioni e imprese, il primo giorno sopra la soglia dei 2 gradi fa parte di una serie di nefasti record del 2023. Infatti, come riporta Copernicus, i mesi da giugno a ottobre sono stati i più caldi mai registrati a livello gloabale. In particolare, ottobre scorso è stato 1,7 gradi Celsius più caldo della media di ottobre nel periodo 1850-1990.  

Dati alla mano, il 2023 con “virtuale certezza” diventerà l’anno più caldo di sempre, superando il record annuale del 2016, spiega ancora l’Osservatorio.  

Il piano verso Cop 28 

Il record registrato da Copernicus, oltre che preoccupante da un punto di vista fattuale, ha anche un enorme peso simbolico. Per 8 anni, dalla Cop di Parigi del 2015, gli Stati hanno identificato come soglia critica l’innalzamento della temperatura di 2 gradi Celsius rispetto al periodo preindustriale e ora quella soglia è stata raggiunta. Il dato di venerdì scorso dimostra quindi il fallimento delle politiche ambientali fin qui promosse e obbliga a profonde riflessioni alla vigilia della Cop 28 che si terrà dal 30 novembre al 12 dicembre, a Dubai.  

Proprio l’edizione di quest’anno prevede inoltre la prima Global Stocktake, ovvero la verifica di quanto fatto dal 2015 ad oggi e la messa a punto delle modifiche di rotta necessarie a raggiungere quanto stabilito dall’Accordo di Parigi.  

In occasione del vertice annuale delle Nazioni Unite sul clima per determinare ambizioni, responsabilità e misure in tema di clima la Commissione Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare (Envi) dell’Ue ha stabilito le priorità dell’agenda. 

Come linea programmatica, Envi esorta le isitituzioni ad assumere un ruolo più proattivo nell’affrontare la crisi climatica. I punti essenziali proposti dalla commissone parlamentare riguardano: 

– L’aumento dei contributi per il clima; 

– la creazione del Fondo per le perdite e i danni; 

– lo stop ai sussidi diretti e indiretti ai combustibili fossili entro il 2025. 

Sotto il primo aspetto, le istituzioni europee confermano l’impegno degli Stati membri a mobilitare 100 miliardi di dollari fino al 2025 per finanziare misure contro il cambiamento climatico. Un obiettivo che l’Unione Europea prevede di poter raggiungere già nel 2023, per poi alzare l’asticella oltre la soglia dei 100 miliardi. 

Inoltre, l’agenda Ue vuole accelerare la creazione del Meccanismo perdite e danni e rendere operativo il fondo entro fine anno. Si tratta di un meccanismo approvato nella scorsa Cop, che mira a sostenere finanziariamente i paesi più copiti dalla crisi climatica, attraverso la creazione di un apposito Fondo presso la Banca Mondiale.  

Il terzo punto riguarda i combustibili fossili, ancora ampiamente utilizzati in diversi settori produttivi e della vita quotidiana e responsabili del 75% di emissioni complessive di gas serra.  

A Dubai, il Consiglio europeo chiederà di interrompere il prima possibile e comunque non oltre il 2025 ogni forma di sussidio, diretta o indiretta, ai combustibili fossili, sia a livello comunitario che nazionale.  

L’intervento che Envi richiederà sull’utilizzo dei combustibili fossili arriva all’indomani di un anno, il 2022, che ha fatto registrare oltre 900 miliardi di dollari di sussidi fossili, quota mai raggiunta nella storia. 

L’energia prodotta utilizzando i combustibili fossili deve essere sostituita dalle energie rinnovabili, altro punto centrale dell’agende Ue per la Cop 28. L’intenzione comunitaria è quella di triplicare la capacità di energia rinnovabile installata e raddoppiare il tasso di miglioramento di efficienza energetica entro il 2030, nel rispetto del mix energetico nazionale di ciascuno Stato membro.  

I dati sull’Italia evidenziano come le energie rinnovabili siano l’unica alternativa già esistente ed efficace per ridurre le emissioni inquinanti. 

Durante il terzo trimestre di quest’anno, infatti, nel Belpaese i consumi di energia sono rimasti sostanzialmente stabili (-0,3%), ma si è verificata una significativa contrazione delle emissioni di CO2 (-8%) grazie al doppio canale: 

– riduzione dell’uso di fonti fossili: -40% nel terzo trimestre
 

– aumento significativo delle energie rinnovabili: +20% nel terzo trimestre. 

Le stime preliminari dell’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile per l’intero 2023, indicano un calo dei consumi del 3% e delle emissioni dell’8%.  

La principale resistenza alle energie rinnovabili è di natura economica. Infatti, diversi operatori temono che la transizione ecologica consegni la produzione energetica a territori più riforniti delle cosiddette ‘materie prime rare’ e tecnologicamente più pronte rispetto all’Europa, Cina su tutti.  

In questo senso una leva importante può essere il risparmio economico ottenuto grazie alle energie rinnovabili che nel solo 2022 ammonta a 521 miliardi di dollari a livello globale, come certificato dall’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena) nel report Renewable Power Generation Costs in 2022. 

Se si considera il risparmio dell’intero ciclo di vita della capacità energetica da fonti rinnovabili aggiunta nel 2022 nei Paesi non appartenenti all’Ocse, la riduzione dei costi raggiungerà i 580 miliardi di dollari.  

Gli ultimi dati sul surriscaldamento globale, d’altronde, non lasciano spazio a tentennamenti: l’unica soluzione è portare l’aspetto economico dalla propria parte e accelerare la transizione energetica anche perché se decarbonizzare costa, non farlo costa ancora di più. L’obiettivo di tenere il surriscaldamento entro i +2 gradi rispetto al 1990 è fallito e c’è sempre meno tempo per evitare che il peggioramento del clima diventi irreversibile.